Come donne in nero di Padova desideriamo condividere informazioni e riflessioni intorno alla guerra.

Crediamo che la guerra mostri oggi la sua totale crudeltà e inutilità.

30 luglio 2012

1000 PENSIERI PER LA PACE: APPELLO PER LA PACE IN SIRIA


Negli ultimi mesi , Il parere che il conflitto in Siria può essere risolto solo con le armi ha mantenuto un monopolio quasi totale nelle dichiarazioni dei politici e la comunicazione sulla stampa. Perciò è con gratitudine e sollievo che accogliamo la iniziative della Comunità di Sant'Egidio di riunire rappresentanti autorevoli dell'opposizione siriana, espressione della società politica e civile siriana.


 

Al termine di alcuni giorni di riunioni, il gruppo ha incontro la stampa e la diplomazia internazionale e ha pubblicato e ha rilasciato il seguente appello. 


L'appello
1.    La Siria sta vivendo la crisi più drammatica della sua storia. La scelta della soluzione militare, che non tiene conto delle richieste della rivolta di libertà e di dignità del popolo siriano, ha portato alla diffusione della violenza, alla perdita di troppe vite umane e a distruzioni generalizzate.

2.    Riuniti a Roma presso la Comunità di Sant’Egidio, noi appartenenti a diversi gruppi dell’opposizione democratica siriana, attiva sia all’interno che all'esterno del Paese, rivolgiamo questo Appello al popolo siriano, a tutte le parti coinvolte e alla Comunità internazionale.

3.    Siamo diversi per opinioni ed esperienze. Abbiamo lottato e lottiamo per la libertà, la dignità, la democrazia, i diritti umani e per costruire una Siria democratica, civile, sicura per tutti, senza paura e senza oppressione. Amiamo la Siria. Sappiamo che la Siria, luogo di convivenza di religioni e popoli diversi, corre oggi un rischio mortale che incrina l’unità del popolo, i suoi diritti e la sovranità dello Stato. 

4.    Non siamo neutrali. Siamo parte del popolo siriano che soffre per l’oppressione della dittatura e la sua corruzione. Siamo fermamente contrari a qualsiasi discriminazione su base confessionale o etnica, da qualunque parte venga. Siamo per una Siria di uguali nella cittadinanza. Vogliamo che la Siria in futuro sia patria per tutti, capace di  rispettare la vita e la dignità umana, nella giustizia.

5.    La soluzione militare tiene in ostaggio il popolo siriano e non offre una soluzione politica in grado di accogliere le sue aspirazioni profonde. La violenza porta a credere che non c’è alternativa alle armi. Ma le vittime, i martiri, i feriti, i detenuti, gli scomparsi, la massa di rifugiati interni e i profughi all'estero, ci chiedono di assumere la responsabilità di fermare questa spirale di violenza. Ci impegniamo a sostenere tutte le forme di lotta politica pacifica e di resistenza civile, e di favorire una nuova fase di incontri e conferenze all’interno del Paese.

6.    Non è troppo tardi per salvare il nostro Paese!  Pur riconoscendo  il diritto dei cittadini alla legittima difesa, ribadiamo che le armi non sono la soluzione.  Occorre rifiutare la violenza e lo scivolamento verso la guerra civile perché mettono  a rischio lo Stato, l'identità e la sovranità nazionale. 

7.    Occorre, oggi più che mai, un’uscita politica dalla drammatica situazione in cui ci troviamo. È il modo migliore per difendere gli ideali e realizzare gli obiettivi di chi mette a rischio la propria vita per la libertà e la dignità. Invitiamo i nostri concittadini dell’Esercito Siriano Libero, e tutti quelli che portano le armi, a partecipare a un processo politico per giungere a una Siria pacifica, sicura e democratica.

8.    Non possiamo accettare che la Siria si trasformi in un teatro di scontri regionali e internazionali. Crediamo che la Comunità internazionale abbia la forza e le capacità necessarie per trovare un consenso che sia base di un'uscita politica dall'attuale drammatica crisi, basata sull'imposizione del cessate il fuoco, il ritiro degli apparati militari, la liberazione dei detenuti e dei rapiti, il ritorno dei profughi, gli aiuti di emergenza alle vittime, un vero negoziato globale senza esclusioni, che sarà completato da una vera riconciliazione nazionale basata sulla giustizia. 

9.    Chiediamo che l'ONU sia l'unico soggetto internazionale ritenuto responsabile del coordinamento degli aiuti umanitari per sostenere i siriani in difficoltà sia in patria che all’estero.

10.     Ci rivolgiamo con questo Appello a tutti i Siriani e in particolar modo ai giovani: il nostro futuro lo costruiremo con le nostre mani. Insieme possiamo costruire una Siria democratica, civile, pacificata, pluralista. Ci rivolgiamo a tutte e a tutti coloro che lottano per il cambiamento democratico in Siria, a qualunque parte essi appartengano: per porre in essere un dialogo e un coordinamento tra di noi  che avvii rapidamente la Siria ad una fase transitoria verso la democrazia, sulla base del patto nazionale comune.

11.    Ringraziamo la Comunità di Sant’Egidio per il lavoro e il sostegno nella ricerca di una soluzione per la crisi nazionale siriana, e le chiediamo di  continuare ad accompagnare gli sforzi e il lavoro che ci aspettano.

Roma, Sant’Egidio, 26 luglio 2012

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ELENCO FIRMATARI DELL'APPELLO:
NCB ( National Coordination Body)
HAYTHAM  MANNA
ABDULAZIZ ALKHAYER
RAJAA ALNASER

DEMOCRATIC FORUM
FAIEZ SARA
MICHEL KILO
SAMIR AITA

WATAN Coalition
FAEK HWAJEH

DEMOCRATIC ISLAMIC GROUP
RIAD DRAR 

Syrian Trade Union/ Women Syrian Activist
AMAL NASER

MAA Movement  (Together)
ALI RAHMOUN 

BUILDING SYRIAN STATE 
ANAS JOUDEH
RIM TURKMANI

WEST KURDISTAN  Assembly
ABDUSALAM AHMAD 

NATIONAL BLOC
AYHAM HADDAD

HORAN RENCONTRES (FOR CITYZENSHIP)
UGAB ABOU SUEDE
SADA HAMZEH


27 luglio 2012

1000 pensieri contro la guerra: Decimomannu, dove gli aviatori del mondo libero si addestrano per mantenere la pace.



A Decimomannu, in Sardegna, piloti israeliani mettono a repentaglio la loro vita e quella dei residenti. Così come ogni aereo che solca i cieli sardi per le esercitazioni di tiro
Decimomannu, Sardegna, 19 novembre 2010. Nel corso dell'operazione di addestramento chiamata 'Vega', un pilota israeliano compie una manovra altamente pericolosa. Dopo il decollo dalla base sarda, secondo quanto riporta il blog di Davide Cenciotti, che ha ripreso la notizia dal sito JewPI.com, un F16 del 106° squadrone della IAF (Israeli Air Force) esegue una rotazione di 360 gradi (un 'tonneau', nel gergo dell'aviazione acrobatica). L'evoluzione è stata compiuta"senza motivo né vantaggio": con queste parole un tribunale militare israeliano ha condannato il pilota a sette giorni di carcere e un anno di sospensione dal volo. "La rotazione del velivolo - scrive Cenciotti nel suo blog - lungo il suo asse longitudinale è una manovra acrobatica che deve essere compiutaall'interno di aree specifiche e ad altitudini di sicurezza". Il sito JewPI riporta che l'aereo ha anche oltrepassato il muro del suono, causando un 'bang sonico' non autorizzato e al di sotto delle altitudini consentite. Della manovra altamente pericolosa, del 'bang sonico', dell'arresto e della sospensione del pilota nessun organo di stampa italiano ha mai parlato.
La pratica degli F16 israeliani del 'sonic boom' a basse altezze è diventata frequente nella Striscia di Gaza dopo la rimozione degli insediamenti ebraici nel 2005. Da allora, i piloti si esercitano sulla popolazione civile palestinese, producendo boati assordanti paragonabili a quelli di una bomba o di un terremoto. A volte, secondo quanto riporta il quotidiano britannico Guardian (http://www.guardian.co.uk/world/2005/nov/03/israel), lo spostamento d'aria è talmente forte da far sanguinare il naso. A Decimomannu si addestrano tali piloti. Non è escluso che alcuni di loro abbiano bombardato la Striscia durante 'Piombo Fuso', provocando la morte di oltre mille civili.
La base di Decimomannu dista pochi chilometri dall'abitato. Una decina di giorni fa si è conclusa l'edizione 2011 dell'operazione Vega, che ha visto centinaia di apparecchi da guerra europei - decine gli israeliani - e mezzo migliaio di militari prendere parte a esercitazioni di electronic warfare. L'operazione Vega rientra nella cooperazione militare Italia-Israele, stabilita dalla Legge 17 maggio 2005, e nel "Programma di cooperazione individuale" con Israele, ratificato dalla Nato il 2 dicembre 2008, circa tre settimane prima dell'attacco israeliano a Gaza. Esso comprende una vasta gamma di settori in cui "Nato e Israele cooperano pienamente": aumento delle esercitazioni militari congiunte; connessione di Israele al sistema elettronico Nato; cooperazione nel settore degli armamenti; allargamento della "cooperazione contro la proliferazione nucleare". "Ignorando che Israele - scrivono il Manifesto nell'edizione sarda il 22 novembre 2010 e il Manifesto nell'edizione nazionale il 4 novembre 2011 - unica potenza nucleare della regione, rifiuta di firmare il Trattato di non-proliferazione ed ha respinto la proposta Onu di una conferenza per la denuclearizzazione del Medio Oriente". La base è infatti fornita dei più sofisticati apparecchi e dei sistemi per l'addestramento al tiro. E' inoltre l'aeroporto con il più alto numero di decolli e atterraggi presente in Europa, con una media di circa 60mila movimenti annui, pari a circa 450 movimenti giornalieri.
Il sito non ufficiale di Decimomannu (http://www.awtideci.com) riporta: "In pochi minuti di volo sono raggiungibili diverse aree adibite a poligoni aria-aria, aria-terra e bassa navigazione". Tra queste, la tristemente nota Quirra e Capo Frasca, ultima propaggine dell'area naturalistica del Sinis. Le aree coprono buona parte della Sardegna meridionale. Non è noto sapere quali armamenti siano stati usati per la dotazione degli F-15 ed F-16 israeliani impegnati nelle esercitazioni (così come di nessuno degli aerei di tutte le forze Nato che periodicamente si esercitano sui cieli sardi). Mentre l'Aeronautica diffonde la versione di una guerra esclusivamente ‘elettronica', sempre il sito non ufficiale riferisce che, nella zona di Capo Frasca, "operazioni principali sono il bombardamento al suolo e l'uso di cannoni o mitragliatrici di bordo. Il poligono offre una serie di bersagli adatti allo scopo. Apposite torri di controllo gestiscono il traffico aereo impegnato nelle sessioni di addestramento". In particolare, per Capo Frasca, designato con la sigla R59 nella mappa radar, "le operazioni sono bombardamento al suolo e uso di mitragliatrici di bordo. Il poligono offre una serie di bersagli utili allo scopo". In definitiva, gli aerei, Nato e non, decollano da Decimomannu, sorvolano aree civili, spesso con manovre 'altamente pericolose e scaricano il loro potenziale distruttivo in aree paesaggisticamente intatte, contaminando l'ecosistema, la biodiversità e - come si è visto per Quirra, e da poco anche per Capo Frasca - anche gli esseri umani. In quest'ultimo poligono sono stati testati i missili teleguidati AIM dell'Eurofighter prima dell'entrata in servizio. Come per il poligono di Quirra, anche qui cominciano a emergere storie di malattie oncologiche, ematiche o linfatiche, come ben esemplifica la vicenda del maresciallo Madeddu, riportata dal quotidiano 'Unione Sarda' il 30 maggio 2011.
Decimomannu ha un lungo bollettino di incidenti aerei. Dalla fine della Seconda Guerra mondiale 64 aerei hanno subito danni, sono precipitati al suolo o in mare, in località che abbracciano tutta la Sardegna meridionale: Capo Frasca, stagno di Cabras, Capo Carbonara, Orroli, Capo Ferrato, Alghero, Arborea.Ventitré piloti sono morti, e numerosi aerei o pezzi di aereo sono andati perduti. L'aeroporto è stato e continuerà ad essere un pericolo per gli abitanti della Sardegna. A dispetto del motto che campeggia beffardo sul sito ufficiale della base: Decimomannu, dove gli aviatori del mondo libero si addestrano per mantenere la pace.



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Paola Manduca, Prof. Genetics
DISTAV, University of Genoa, Italy

16 luglio 2012

1000 pensieri contro la guerra: RITIRARE LE TRUPPE DALL'AFGHANISTAN


Afghanistan: Italia in guerra al cento per cento

jet web0di Enrico Piovesana - 9 luglio 2012
A fine gennaio il ministro ‘tecnico’ della Difesa Di Paola aveva annunciato che i nostri cacciabombardieri schierati in Afghanistan sarebbero stati impiegati anche in operazioni di bombardamento. Una decisione eminentemente ‘politica’ imposta in spregio all’articolo 11 della nostra Costituzione e alle regole della nostra democrazia parlamentare – la modifica dei ‘caveat’ decisi  dal Parlamento è stata solo notificata in un’audizione in commissione, mentre doveva essere dibattuta e votata in aula.
Una decisione tradotta subito in pratica con il regolare impiego dei quattro Amx del 51° stormo dell’aeronautica militare in azioni di bombardamento. Azioni che – conferma a E-il Mensile il tenente colonnello Francesco Tirino, portavoce del contingente italiano in Afghanistan – si sono moltiplicate nelle ultime settimane con il lancio dell’operazione Shrimp Net (rete per gamberi) nella provincia di Farah, volta a debellare la resistenza talebana nei distretti del Gulistan e di Bakwa in vista della loro riconsegna alle forze armate afgane in autunno.
Tenente colonnello Tirino, conferma l’utilizzo dei nostri Amx in missioni di bombardamento?
I nostri assetti presenti in teatro, Amx compresi, vengono usati al cento per cento della loro capacità a difesa delle nostre truppe sul terreno, dei nostri alleati e della popolazione afgana.
Conferma il loro impiego con bombe nell’offensiva militare italiana in corso nella provincia di Farah?
Nell’ambito dell’operazione congiunta Shrimp Net gli Amx vengono impiegati con sgancio di bombe per le attività appena dette o per azioni preventive: ad esempio, le bombe a guida laser sganciate dai nostri Amx hanno distrutto un’antenna collocata in una zona impervia di montagna e usata dagli insorti per le loro comunicazioni radio.
I nostri Amx hanno partecipato anche ad azioni di bombardamento su ‘forze nemiche’: si parla di decine di talebani uccisi dai raid aerei Nato nella zona…
Non è che ogni volta che usiamo questi assetti aerei facciamo un comunicato stampa. Quel che è certo è che i nostri aerei sono impiegati osservando rigidamente le norme internazionali e nazionali, quindi senza conseguenze sulla popolazione civile.
Magari civili no, ma secondo fonti di stampa afgane ci sarebbero stati decine di militari afgani uccisi da ‘fuoco amico’ nel corso di bombardamenti aerei alleati in Gulistan…
Non ho notizia di questo, quindi non posso commentare.
All’offensiva in corso a Farah ne seguiranno di analoghe nelle altre zone calde di competenza italiana destinate a passare sotto controllo delle forze afgane?
Sono allo studio operazioni di messa in sicurezza anche nella zona di Bala Murghab, nella provincia settentrionale di Badghis, dove la situazione di sicurezza è comunque migliore di quella che abbiamo a Farah.

Tratto da: eilmensile.it

15 luglio 2012

1000 pensieri contro la guerra: USCIAMO DALLE GUERRE, TAGLIAMO LE ARMI


Nessun M346 a Israele
Fin dal 2005 è operativo uno scellerato accordo di “cooperazione militare”, economica e scientifica tra il nostro Paese ed Israele. Un accordo che non è stato scalfito neppure dall’ “Operazione piombo fuso” del dicembre 2008 - gennaio 2009, che ha visto Israele colpire con il suo “potere aereo” la popolazione palestinese civile inerme (1400 uccisi, di cui ca 400 bambini).  Un’ azione militare brutale, senza giustificazioni, nella quale sono state usate anche armi sconosciute o già vietate dalle Convenzioni internazionali (fosforo bianco, bombe D.I.M.E., uranio impoverito) e nella quale Israele ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità (come documentato dall’ ONU nel “Rapporto Goldstone”). Un’operazione condannata dalle principali organizzazioni internazionali per la promozione e la difesa dei diritti umani.
L’Italia, almeno di fronte a ciò, avrebbe dovuto condannare Israele e recedere da quegli accordi di cooperazione militare. Ma come avrebbe potuto quando anch’essa, dopo l’introduzione del “Nuovo Modello di Difesa” nel 1991 - che ammette interventi militari “ovunque i propri interessi siano minacciati” - viola sistematicamente l’articolo 11 della nostra Costituzione, che invece “ ripudia la guerra”?  Quando partecipa alle iniziative militari USA e NATO e fa “carta straccia” dello Statuto dell’ONU che voleva “risparmiare la guerra alle generazioni future”, vietandola esplicitamente ?
Il nostro paese non avrebbe dovuto sottoscrivere quell’accordo di cooperazione militare perché esso viola la  Legge 185/90 che pone limiti all’export di armi verso paesi belligeranti; a maggior ragione verso Israele, paese in conflitto e fuorilegge per la sistematica violazione delle Risoluzioni ONU e dei pareri della Corte Internazionale  di Giustizia dell'Aja a tutela dei diritti del popolo palestinese.
Il Tribunale Russell (un’istituzione composta da personalità emerite, giuristi e intellettuali, tra cui diversi premi Nobel) ha infatti affermato che il popolo palestinese è “soggetto a un regime istituzionalizzato di dominazione che integra la nozione di Apartheid come definita nel diritto internazionale”. E lo Statuto della Corte Penale Internazionale all’art. 7 comma 1 include l’Apartheid tra i “crimini contro l’umanità”, definendolo  “atto inumano commesso nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e dominazione di un gruppo razziale su di un altro, e commesso con l’intento di mantenere quel regime”.

Invece accade che, facendo “carta straccia” anche della L.185/90, AleniaAermacchi, la società di Finmeccanica con sede nazionale e stabilimenti significativi a Venegono (Varese), si accinge a consegnare ad Israele 30 jet M346 , definiti come “addestratori tecnologicamente avanzati” ma in realtà già  strutturati per essere armati con missili o bombe. Queste armi verranno sicuramente testate contro i palestinesi, prima di tutti.
Nella sua qualità di addestratore l’M346 è finalizzato a formare i piloti all’uso di cacciabombardieri  tecnologicamente più evoluti tra i quali il “netcentrico” e “invisibile” F35, di cui Israele si vuole dotare (19 + 56 in opzione), e che anche l’Italia  sta purtroppo acquistando per le guerre future.

Negli ultimi mesi è cresciuta in Italia una significativa opposizione all’acquisto degli F35  per il loro costo esorbitante ( non meno di 15 miliardi di euro) che sottrae risorse all’economia civile e ai settori dello “Stato Sociale” già colpiti dai tagli operati da governi più o meno tecnici, capaci solo di colpire i più deboli. Ma l’opposizione agli F35 non è certo solo economica; è soprattutto  opposizione alla “neoguerra”, pratica affermatasi negli ultimi 20 anni che chiama “pace” la guerra, e la vorrebbe giustificare  come strumento di “sicurezza preventiva” e di “esportazione di democrazia”, giungendo così a definirla “umanitaria”.

Ma “guerra umanitaria” è un ossimoro: la guerra provoca solo morti, feriti, distruzioni e genera odio, rancori e vendette; essa è quanto di più disumano si possa immaginare.

L’acquisto da parte di Israele degli M346 e degli F35 – questi ultimi verranno prodotti e periodicamente revisionati a Cameri (Novara) proprio da AleniaAermacchi  – è inoltre inserito all’interno di un quadro di riarmo ad alta tecnologia, che impegna l’industria bellica israeliana e che fa perno anche sulle sue armi nucleari (come già denunciò nel 1986 il fisico israeliano Mordechai Vanunu  che scontò per questo 18 anni di carcere in isolamento). Grazie ad una accorta manipolazione mediatica Israele, che non ha mai firmato il “Protocollo di Non Proliferazione Nucleare” e che è ben dotato di armi nucleari, si presenta come   legittimato ad intraprendere una guerra contro l’Iran, che invece quel Protocollo ha firmato e che afferma di voler utilizzare l’energia prodotta da generatori nucleari solamente a fini civili. Una guerra questa che dobbiamo scongiurare a tutti i costi perché, tra l’altro, potrebbe degenerare in un’escalation incontrollata.

Mai più  guerra, avventura senza ritorno.
Questi aerei non devono essere venduti.
Le armi non devono essere prodotte.

Nel maggio di quest’anno si è già svolto a Varese un importante convegno contro l’F35 e sui temi del ripudio della guerra, del taglio alle spese militari e della riconversione al civile.

Chiediamo ai lavoratori di AleniaAermacchi e di tutte le aziende a produzione militare di non accettare il ricatto occupazionale e di adoperarsi affinché le fabbriche non  producano strumenti di morte ma siano destinate alla produzione di beni socialmente utili ed ecologicamente compatibili.

Tra l’altro, in questo caso, la “vendita” degli M346 ad Israele sarà “ compensata”dalla cessione all’Italia di altre armi: infatti a fronte della commessa da 1 miliardo per la fornitura dei 30 velivoli, l’accordo commerciale prevede che noi acquistiamo da Israele materiale bellico per il  valore di  2 miliardi.
Non possiamo più attendere, diciamo:

Solidarietà ai lavoratori che si trovano costretti a contraddirsi nell’ etica,
ma NO alla Guerra, NO alle produzioni belliche ed ai mercanti di morte.
Nessun M346 né altra arma deve essere data ad Israele.
L’Italia receda dall’accordo di cooperazione con quel Paese.
Siano riconosciuti i diritti del popolo palestinese.
Siano garantite Pace e Giustizia per tutti i popoli di quella regione.
Un nuovo apartheid merita una nuova mobilitazione.

Uniamo le forze di tutti quelli che si oppongono alla violenza, alla prepotenza, alla falsità di chi (parlando di pace e giustizia e facendo la guerra) pratica e promuove la predazione delle nostre vite, delle nostre speranze, delle nostre idee, del nostro lavoro. Di chi ci fa continuamente passare sopra la testa, come malefici cacciabombardieri, scelte di morte, di sopraffazione, di subdolo dominio finanziario che minano la democrazia e vanificano la sovranità popolare.
Sostenitori della Palestina, pacifisti, antinucleari, tutori dei beni comuni, ambientalisti, oppositori di “grandi opere”e servitù militari, associazioni umanitarie, culturali e sociali, collettivi, reti, lavoratori e rappresentanze sindacali, disoccupati, precari, studenti, tutti uniti in quanto vittime, o dalla parte delle vittime…., troviamoci allora in tanti, tanti, arricchiti delle nostre differenze, nonviolenti, a Venegono Superiore davanti ad AleniaAermacchi, così come abbiamo fatto in passato davanti alle basi militari di Comiso, Camp Darby, Vicenza, Solbiate Olona e alle aziende belliche di tutta Italia, così numerose in provincia di Varese.  

VI INVITIAMO ALLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE
di sabato13 Ottobre 2012
presso l’AleniaAermacchi di Venegono-Varese

Il Comitato promotore varesino  (segreteria tel 0332-238347)

Per adesioni (di associazioni, gruppi e singole persone) invia una mail a nessunm346xisraele@gmail.com

Venegono (Varese), 30 Giugno 2012

14 luglio 2012

1000 pensieri contro la guerra: La difesa del paese è una cosa troppo importante per essere affidata a un militare


I conti non tornano, i princìpi neanche
GIULIO MARCON - Il Manifesto, 4 luglio 2012
Il disegno di legge delega sulla riforma delle forze armate varato lo scorso 6 aprile dal consiglio dei ministri va bloccato e ritirato. Intanto per una questione di procedura e correttezza istituzionale e parlamentare. Non è possibile che una riforma così impegnativa e delicata su un tema così sensibile veda il Parlamento costretto a limitarsi a votare alcuni principi generali di indirizzo lasciando al governo il compito di approfondire e dettagliare le misure specifiche. Una procedura del genere - di fronte alla riforma del sistema di difesa nazionale del paese - non sarebbe neppure immaginabile in paesi come gli Stati uniti, la Francia, la Gran Bretagna. Oltretutto il ministro della difesa italiano è un militare, un alto ufficiale delle Forze Armate, con queste fortemente implicato in un sistema corporativo e complice di relazioni dettate da interessi di parte: quelli della casta militare. Quale garanzia di imparzialità ci sarà nelle decisioni del governo sul futuro delle Forze Armate, se ad avere il ruolo di istruttore della pratica della riforma è un ammiraglio che di quella corporazione è stato fino a poco tempo fa massimo esponente? Non è un caso che persino la Nato per tanti anni abbia fortemente consigliato i paesi membri dell'alleanza di non designare proprio al dicastero della difesa ex generali (o ammiragli), ma di lasciare tale funzione a un civile: il modo migliore per garantire trasparenza e separazione tra le funzioni politiche e quelle operative. Purtroppo di quel consiglio della Nato, l'Italia non ha tenuto conto.
Vi è poi una questione di merito. Il disegno di legge delega contiene disposizioni sbagliate e pericolose. Fa aumentare vertiginosamente le spese per gli armamenti, concede alle Forze Armate importanti privilegi (ad esempio quello di incassare direttamente i proventi delle vendite delle caserme e di altre asset militari) impensabili per altri comparti della pubblica amministrazione, trasforma le Forze Armate in un mercante di armi (anche in questo caso i proventi vengono trattenuti dalla difesa) e in una sorta di service a pagamento per le popolazioni colpite dalle calamità naturali. I comuni che accetteranno l'aiuto delle tende e delle ruspe dell'esercito dovranno rimborsare e pagare le Forze Armate. Non solo mercenari della guerra, ma anche della solidarietà. Occorre sottolineare, peraltro, che questa riforma si colloca - come ha denunciato la campagna Sbilanciamoci! - dentro la cornice di una mission delle Forze Armate ben conosciuta: a fianco della Nato e dell'interventismo bellico della «lotta al terrorismo» e della «guerra permanente» di cui abbiamo dato prova in Iraq e in Afghanistan. 
Le riduzioni previste dal disegno di legge dell'organico delle Forze Armate sono comunque fumo negli occhi, solo 33mila addetti (sugli attuali 183mila) in 12 anni, fino al 2024: cioè circa 2800 l'anno. In sostanza pensionamenti e mobilità, con tutte le agevolazioni possibili e immaginabili. Di esodati nelle Forze Armate nemmeno l'ombra.
Ecco perché è importante che questo provvedimento venga ritirato e che si avvii una discussione vera sulla riforma delle Forze Armate e dello strumento militare nel nostro paese, anche con l'istituzione di una commissione bicamerale che abbia la possibilità di discutere pienamente tutte le implicazioni di una riforma così importante. La difesa del paese è una cosa troppo importante per essere affidata a un generale o a un ammiraglio. Non perseveriamo nell'errore con questo disegno di legge.
 

03 luglio 2012

1000 PENSIERI CONTRO LA GUERRA: TAGLIARE LE SPESE MILITARI


Quattro miliardi e 623 milioni in un anno: è l’ammontare delle risorse che potrebbero essere recuperate riducendo le spese militari in Italia nel 2012.
Il bilancio della Difesa per quest’anno è pari a 19,895 miliardi di euro, di cui quasi 15 destinati al sovvenzionamento di esercito, marina ed aeronautica, con una crescita del 4,4% rispetto al
2011 dettata principalmente dall’aumento dei costi per il personale.
A proposito del personale: in Italia ci sono oggi ben 180.000 militari. Non solo: il  numero di comandanti è superiore a quello dei comandati. Tre miliardi di  euro potrebbero entrare in cassa decurtando le forze armate di 60.000 unità, portandole così dalle attuali 180.000 a 120.000.
Altri 783 milioni di euro potrebbero venire per il 2012 dalla riduzione dei «Programmi d’arma», con la cancellazione degli impegni per la produzione di 90 cacciabombardieri F35 (complessivamente ci costeranno 10 miliardi di euro) e dei finanziamenti previsti quest’anno per la costruzione di 4sommergibili Fremme delle due fregate «Orizzonte».
748 milioni di euro potrebbero poi pervenire dal ritiro delle truppe italiane dalla missione in Afghanistan.
Inoltre, 72 milioni di euro verrebbero incamerati se si ponesse termine alle operazioni, sbagliate, di pattugliamento delle nostre città ad opera del personale delle forze armate.
L’abolizione della cosiddetta mini-naja (cioè del programma «Vivi le Forze Armate, militare per tre settimane») porterebbe in cassa altri 20 milioni.
In tutto 4,62 miliardi da destinare subito, appunto, a usi decisamente più «civili», come il servizio civile nazionale, sovvenzionato con 299 milioni di euro nel 2008 e soltanto 68 nel 2012, e la cooperazione, il cui finanziamento pubblico è stato praticamente azzerato.

(a cura di Sbilanciamoci) 


02 luglio 2012

MILLE PENSIERI PER LA PACE: NON DIMENTICARE SREBRENICA



11 luglio 1995 – 11 luglio 2012
Perché la memoria di Srebrenica sia fonte di vita

Di quanto è accaduto in tutta la cosiddetta “ex Jugoslavia” a partire dal 1992, non sono responsabili solo i soggetti coinvolti nel conflitto: tutta la comunità internazionale non può lavarsene le mani, infatti nel migliore dei casi ha distolto lo sguardo, fingendo di non vedere, e, quando è intervenuta, si è dimostrata debole, impotente e, in alcune situazioni corresponsabile e complice.
A Srebrenica si è toccato il fondo: i Caschi Blu dell’ONU si sono resi complici del genocidio.
Da allora la nostra fiducia nelle Nazioni Unite, già molto provata, si è gravemente incrinata.
Non c’è pace senza giustizia, non può cominciare una vita nuova se non si è fatta chiarezza sul passato, ciò significa concretamente individuare i responsabili e processarli, non solo chi ha pianificato e commesso materialmente il genocidio, ma anche chi – come l’ONU - è stato a guardare e ha lasciato fare.
Giustizia significa anche permettere ai familiari delle vittime, alle sopravvissute e ai sopravvissuti, di poter affrontare in condizioni dignitose la loro vita, così crudelmente devastata, in un contesto pacificato.
Siamo convinte però che, affinché tragedie come quella di Srebrenica non si verifichino più, nemmeno questo sia sufficiente: è necessario un cambiamento nella struttura dell’ONU, che tolga alle cosiddette grandi potenze le leve del comando, affinché essa possa svolgere un ruolo efficace di interposizione e protezione della popolazione civile.

Noi, responsabili forse allora di non aver gridato abbastanza forte per denunciare e chiedere giustizia, ci siamo fatte carico - e continuiamo a farlo -, di non far cadere il silenzio su Srebrenica e su tutti gli altri massacri che continuano a compiersi in tutto il mondo calpestando i diritti umani e il diritto internazionale; di reclamare che siano accertate le responsabilità, soprattutto delle Nazioni Unite e del nostro governo; di lavorare per dare credibilità alle istituzioni preposte al mantenimento della pace; di farci voce dei familiari delle vittime e delle sopravvissute e dei sopravvissuti nelle loro legittime rivendicazioni.